La revoca dell’aggiudicazione è un provvedimento unilaterale adottato dalla Stazione Appaltante a seguito dell’aggiudicazione ma prima della stipula del contratto d’appalto. Una volta stipulato il contratto d’appalto i provvedimenti che hanno l’effetto di farne cessare l’efficacia sono infatti il recesso o risoluzione anticipata.
La revoca dei provvedimenti amministrativi è disciplinata dall’art.21-quinquies della legge n. 241 del 1990 (e introdotta dall’art.14 della legge n.15 del 2005), e si configura come uno strumento di autotutela per la Stazione Appaltante finalizzato alla rimozione, con efficacia ex nunc ossia non retroattiva, di un atto ad efficacia durevole, in esito a una nuova e diversa valutazione dell’interesse pubblico alla conservazione della sua efficacia.
In concreto la revoca ha l’effetto di annullare la validità di una proposta di aggiudicazione o di un’aggiudicazione efficace.
I presupposti del valido esercizio del provvedimento di revoca sono definiti dall’art. 21-quinquies (come modificato dall’art. 25, comma 1, lett. b-ter, d.l. n. 133 del 2014) e consistono nella sopravvenienza di motivi di interesse pubblico, nel mutamento della situazione di fatto e in una rinnovata e diversa valutazione dell’interesse pubblico originario.
Nel caso di revoca legittima i soggetti direttamente interessati possono presentare domanda di indennizzo per revoca dell’atto di aggiudicazione. Pertanto l’operatore economico che avrà “subito” una revoca dell’aggiudicazione ha diritto ad un indennizzo da parte della Stazione Appaltante.
Nel caso in cui il provvedimento di revoca sia illegittimo, ovvero sia stata disposta senza l’esistenza dei necessari presupposti, l’operatore economico direttamente interessato potrà presentare, in aggiunta alla domanda di indennizzo, anche una richiesta di risarcimento.
Sia con riferimento alla domanda di indennizzo per revoca dell’atto di aggiudicazione sia con riguardo alla pretesa di risarcimento del danno, la giurisdizione esclusiva è del giudice amministrativo. Il giudice amministrativo è infatti investito della riparazione patrimoniale del pregiudizio cagionato dall’esercizio del potere amministrativo sia attraverso un provvedimento legittimo di revoca, sia attraverso la lesione di una situazione soggettiva degradata con provvedimento poi caducato.
Con riferimento in particolare al danno oggetto di indennizzo, si evidenzia in primo luogo che quando la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incide su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo “danno emergente” e non anche al c.d. “danno da perdita di chance”, come previsto dal comma 1-bis del sopra richiamato articolo 21-quinquies.
Il Consiglio di Stato, con sentenza del 17 marzo 2010 n. 1554, ha precisato però che l’indennizzo non è dovuto qualora il ritiro dell’atto sia dovuto esclusivamente ad un errore materiale ovvero ad un colpevole comportamento del privato né è dovuto qualora non sopraggiunga l’aggiudicazione definitiva (ora efficace) del contratto pubblico a seguito dell’aggiudicazione provvisoria. Precisa altresì che la mancata previsione dell’indennizzo in sede di adozione dell’atto di revoca non vizia il provvedimento.
Il Consiglio di Stato ha in più occasioni chiarito che l’indennizzo deve essere limitato alle spese inutilmente sopportate per partecipare alla gara dall’operatore economico che ha subito la revoca. Ciò in base ad un duplice ordine di rilievi. In primo luogo perché si tratta di un rimedio posto a protezione di interessi lesi da atti legittimi e dunque leciti. Conseguentemente con esso non possono essere reintegrate tutte le conseguenze patrimoniali negative risentite dai relativi destinatari. L’indennizzo è un istituto di giustizia distributiva, che impone una condivisione sul piano economico delle conseguenze negative di carattere patrimoniale, secondo un bilanciamento rimesso all’equo componimento delle parti interessate o, in caso di disaccordo, al giudice amministrativo.
In sintesi con riferimento agli elementi essenziali dell’indennizzo, al concorrente che ne fa istanza vanno risarcite tutte le spese sostenute per la partecipazione alla gara. Tra queste rientrano, in particolare, le spese sostenute per la retribuzione del personale dipendente all’interno della società e le spese generali per il funzionamento della struttura aziendale. Tale danno, impossibile da determinare nel preciso ammontare, può essere stabilito in via forfettaria ed equitativa dal Giudice amministrativo, in misura percentuale rispetto alle spese sostenute dal concorrente per i “costi vivi” affrontati per la predisposizione dell’offerta e la partecipazione alla gara.