Quasi sempre, nell’ambito di una gara d’appalto, oltre alle ordinarie fonti della procedura costituite dal bando di gara, dal capitolato e dal disciplinare, unitamente agli eventuali allegati, la stazione appaltante, tra la data di emissione del bando e il termine per la consegna delle offerte, pubblica dei chiarimenti sia in risposta a quesiti dei concorrenti sia anche motu proprio.
Ma quale portata possono avere i chiarimenti resi dalla stazione appaltante? Cosa possono interessare e in che rapporti stanno con in resto della documentazione di gara?
A rispondere a queste domande ci aiutano i pronunciamenti della giurisprudenza amministrativa degli ultimi anni che in primo luogo ravvisano la funzione dei chiarimenti in quella di dare un’interpretazione autentica del testo della documentazione di gara, di renderne chiaro e comprensibile il significato e/o la ratio quando vi siano dubbi in tal senso (Consiglio di Stato, sentenza n. 4441 del 23 settembre 2015).
In altre parole la finalità di un chiarimento è quella di ricondurre a sistema le eventuali oggettive contraddizioni presenti nella lex di gara, attraverso una precisazione compatibile con le proprie originarie esigenze (Consiglio di Stato, sez. III, 7 febbraio 2018, n. 78).
Ciò che invece è precluso ai chiarimenti della stazione appaltante è una modifica della volontà da parte dell’Amministrazione rispetto a quanto bandito ovvero, proprio mediante l’attività interpretativa, giungere ad attribuire ad una disposizione del bando un significato ed una portata diversa e maggiore di quella che risulta dal testo stesso (Consiglio di Stato, sentenza n. 4441 del 23 settembre 2015; Consiglio di Stato, sez. III, 7 febbraio 2018, n. 78).
È pacifico l’indirizzo della giurisprudenza amministrativa che esclude che l’Amministrazione, a mezzo di chiarimenti auto interpretativi, possa modificare o integrare la disciplina di gara, pervenendo ad una sostanziale disapplicazione della lex specialis di gara.
Sono pertanto vietati i chiarimenti non di tipo interpretativo ma che modificano la disciplina di gara richiedendo ulteriori requisiti di ammissione o requisiti diversi o ancora eliminando dei requisiti richiesti, rispetto a quanto previsto dalla lex specialis. (Consiglio di Stato, terza sezione, sentenza n. 431 del 2017). Infatti le uniche fonti della procedura di gara sono costituite dal bando di gara, dal capitolato e dal disciplinare, unitamente agli eventuali allegati e i chiarimenti auto-interpretativi della stazione appaltante non possono né modificarle, né integrarle (Consiglio di Stato, sentenza n. 4441 del 23 settembre 2015).
Di recente (27.06.2019) il Consiglio di Stato, sezione terza con sentenza n. 4418 ha ribadito che la risposta della stazione appaltante ad una richiesta di chiarimenti avanzata dai concorrenti non costituisce un’indebita e perciò illegittima modifica delle regole di gara se consiste in un’interpretazione autentica con cui chiarisce la propria volontà provvedimentale, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis. Ha inoltre evidenziato che i chiarimenti debbano operare a beneficio di tutti ed essere trasparenti, tempestivi e resi pubblici, in modo da non comportare alcun pregiudizio per gli aspiranti offerenti.
Pertanto i chiarimenti devono sempre essere pubblicati e resi accessibili a tutti i concorrenti e non trasmessi solo ad alcuni di essi. Inoltre devono essere resi in un tempo utile affinché gli operatori economici interessati possano prenderne visione in maniera funzionale alla presentazione dell’offerta di gara, negando pertanto la possibilità di pubblicare chiarimenti a ridosso del termine di consegna delle offerte.
Ma quando un chiarimento modifica la lex specialis in violazione delle norme, che effetti giuridici produce?
La giurisprudenza sembra non attribuire valenza giuridica ai chiarimenti che modifichino la documentazione di gara in quanto non configurano un obbligo vincolante per la stazione appaltante né tantomeno per il privato non essendo definibile quale elemento preclusivo della partecipazione alla gara. Non è necessaria perciò l’impugnazione degli stessi in quanto non costituiscono disciplina vincolante nell’ambito della procedura di gara (Consiglio di Stato, terza sezione, sentenza n. 431 del 2017).
Quindi i chiarimenti resi dalla stazione appaltante non possono in nessun caso integrare la lex specialis ed essere vincolanti per la Commissione aggiudicatrice (Consiglio di Stato, sez. V, 23.09.2015 n. 4441).
Appare pertanto evidente che se anche un chiarimento reso dalla stazione appaltante modifica la documentazione di gara, ad esempio chiedendo nuovi requisiti o riducendo/modificando quelli esistenti, questo non ha alcun valore e continua ad applicarsi integralmente la lex specialis di gara senza che ci sia bisogno di impugnare il chiarimento stesso.