L’ennesimo NO al principio di territorialità negli appalti pubblici arriva anche dalla Corte Costituzionale che con sentenza n. 98 del 27 maggio 2020 ha censurato una norma di favore per le micro, piccole e medie imprese radicate nel territorio toscano, in quanto ritenuta di ostacolo alla concorrenza.
Nel caso di specie la norma sotto la lente della Corte è della Regione Toscana e disciplina le procedure negoziate sotto soglia comunitaria, stabilendo che “in considerazione dell’interesse meramente locale degli interventi, le stazioni appaltanti possono prevedere di riservare la partecipazione alle micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale per una quota non superiore al 50 per cento e in tal caso la procedura informatizzata assicura la presenza delle suddette imprese fra gli operatori economici da consultare”.
In sostanza la Regione Toscana ha consentito di riservare agli operatori economici regionali la metà degli inviti nelle procedure ad invito sotto soglia comunitaria.
La Corte Costituzionale ha riconosciuto che tale norma regionale viola l’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, oltre che gli artt. 30, comma 1, e 36 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
Ciò in quanto la possibilità di riservare la partecipazione alle gare, per una quota non superiore al 50 per cento, alle micro, piccole e medie imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale comporterebbe una limitazione della concorrenza che non è giustificata da alcuna ragione se non quella – vietata – di attribuire una posizione di privilegio alle imprese del territorio per favorire l’economia regionale.
La Corte ha anche ricordato che, in base alla propria giurisprudenza, le disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme. Infatti la Consulta ha più volte in passato dichiarato costituzionalmente illegittime norme regionali di protezione delle imprese locali nel settore degli appalti pubblici.
La Corte ha pertanto deciso di censurare la norma della Regione Toscana che consente di riservare un trattamento di favore per le micro, piccole e medie imprese radicate nel territorio toscano perché è di ostacolo alla concorrenza e, consentendo una riserva di partecipazione, altera la par condicio fra gli operatori economici interessati all’appalto.
I Giudici evidenziano come il favor partecipationis per le micro, piccole e medie imprese deve rivolgersi a tutte quelle nazionali e non può limitarsi unicamente a quelle locali o regionali, alterando così la libera concorrenza.
Dello stesso avviso era stato d’altronde anche il Consiglio di Stato, Sezione V, con sentenza del 13/06/2012 n. 3469, intervenuto sul principio di non discriminazione e divieto di limitazioni di accesso al mercato “ratione loci”.
È in contrasto con i principi comunitari in tema di tutela della concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi la scelta della Stazione Appaltante in una procedura negoziata senza pubblicazione del bando di limitare la partecipazione alla gara per l’aggiudicazione di un appalto a soli operatori economici locali.
Ciò in quanto è invece necessaria una preventiva indagine volta all’individuazione di altre imprese più qualificate con riguardo all’oggetto della procedura, poiché la scelta deve essere orientata all’individuazione del “miglior contraente” possibile sotto il profilo qualitativo ed economico, nonché alla tutela della libertà di concorrenza tra tutte le imprese del settore potenzialmente interessate a partecipare alla gara per l’aggiudicazione dell’appalto.
Il Consiglio di Stato precisa che il criterio della territorialità, oltre a palesarsi come inidoneo alla realizzazione dell’interesse dell’individuazione del miglior contraente, si pone in netta ed ingiustificata contrapposizione con il divieto di non discriminazione.
Il principio di non discriminazione si esplica infatti nell’obbligo di tutela della concorrenza, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, principi indicati al primo considerando della Direttiva Comunitaria n. 24/2014 e pertanto ineludibili.
Si rimarca pertanto, ancora una volta, l’illegittimità delle norme idonee a limitare la concorrenza favorendo la imprese locali o regionali nella partecipazione agli appalti pubblici.