All’alba del nuovo Decreto Semplificazioni che innalza a 139 mila euro le soglie degli affidamenti diretti anche per servizi e forniture, specificando come nell’ambito dell’utilizzo di tale strumento non sia obbligatoria la previa consultazione di più operatori economici, assume particolare rilevanza una recentissima sentenza del TAR Sicilia sul rapporto tra regime derogatorio e procedure ordinarie.
Prima di analizzare tale recente pronuncia è bene ricordare come la non obbligatorietà del regime derogatorio sia già stata precedentemente riconosciuta da più parti.
In primo luogo dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (parere n. 735 del 24/09/2020) che a domanda specifica ha risposto: “si ritiene che non sia comunque precluso il ricorso alle procedure ordinarie, in conformità ai principi di cui all’art. 30 del D.Lgs. 50/2016”.
In precedenza anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione (parere ANAC del 3 agosto 2020 reso al Senato) aveva osservato che la perdurante applicabilità dei principi di cui al comma 1 dell’articolo 30 del Codice induca a ritenere che il regime in deroga non abbia privato le stazioni appaltanti della possibilità di ricorrere a soluzioni aperte alla più ampia concorrenza qualora appaiano le più idonee a soddisfare il proprio fabbisogno.
In tale contesto è intervenuta la sentenza n. 1536 del Tar Sicilia, Palermo, Sezione III, del 14 maggio 2021 che non solo conferma la piena legittimità del ricorso alle procedure ordinarie al posto dell’affidamento diretto “derogatorio”, ma aggiunge anche altre importanti considerazioni.
I Giudici siciliani intervengono proprio sulle deroghe previste dall’art. 1, comma 1, del D.L. n. 76/2020, appena prorogate con nuovo Decreto sino al 30 giugno 2023. Nella sentenza a tal proposito si legge testualmente: “Per altro, non revocando o sospendendo la disciplina ordinaria, la norma in rilievo non ha inteso conculcare la scelta delle amministrazioni pubbliche, in questo caso il Comune di Carini, di operare mediante la disciplina ordinaria dell’evidenza pubblica con gare aperte in luogo dell’affidamento diretto”.
Proseguendo la sentenza specifica che: “Detto altrimenti, l’affidamento diretto non costituisce il modulo procedimentale sottosoglia al quale le stazioni appaltanti debbano obbligatoriamente fare ricorso”.
Ma come detto i Giudici non si sono limitati ad affermare la non obbligatorietà del regime c.d. speciale ma hanno affrontato altri due ulteriori aspetti.
Il primo è quello della motivazione della scelta delle procedure ordinarie. Infatti parte ricorrente in causa lamentava proprio la mancata motivazione da parte della Stazione Appaltante in merito alla scelta di ricorrere ad una procedura aperta in vece dell’affidamento diretto derogatorio.
A tal fine il TAR derubrica a semplice suggerimento e non vincolo quanto reso in sede di parere dal MIT in merito al riscontro da dare nella motivazione per la scelta della procedura. Inoltre richiama il Consiglio di Stato del 30 agosto 2016, n. 1903/2016 nella misura in cui afferma che il principio generale della motivazione assume valenza con riguardo alla fase dell’affidamento e dell’individuazione dell’aggiudicatario e non tanto, dunque, nella precedente fase a monte circa la scelta della procedura prescelta (semplificata ovvero ordinaria). Pertanto i Giudici hanno ritenuto non necessaria la motivazione della scelta della procedura ordinaria da parte della Stazione Appaltante.
Il secondo aspetto affrontato è poi l’eventuale mancato rispetto dei termini massimi di durata del procedimento previsti dal DL Semplificazioni. Sul punto nella sentenza si può leggere: “Privo di pregio è l’ulteriore profilo circa il mancato rispetto dei termini, previsto dal decreto semplificazioni per la conclusione della procedura di gara: tale rilievo, infatti, limitato alla procedure semplificate qui non applicabili per le considerazioni di cui sopra, non potrebbe comunque comportare l’illegittimità, per ciò solo, degli atti di gara riverberandosi, se del caso, unicamente sulla responsabilità amministrativa del R.U.P.”.
Pertanto il TAR in questo passaggio ci comunica un duplice messaggio:
- l’applicazione dei termini di durata massima del procedimento è limitata alle procedure semplificate;
- nell’ambito delle procedure derogatorie il superamento dei limiti temporali non ha conseguenze dirette sul procedimento e sui suoi atti, che pertanto mantengono piena efficacia, ma si riflettono unicamente su un’eventuale responsabilità amministrativa del RUP.
Riassumiamo pertanto di seguito le massime contenute nella sentenza in analisi in merito al rapporto tra regime derogatorio e procedure ordinarie.
AFFIDAMENTO DIRETTO DEROGATORIO / PROCEDURA ORDINARIA |
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VINCOLATIVITÀ |
1. l’affidamento diretto non costituisce il modulo procedimentale sotto soglia al quale le stazioni appaltanti debbano obbligatoriamente fare ricorso |
MOTIVAZIONE |
2. non è necessaria la motivazione della scelta della procedura ordinaria da parte della Stazione Appaltante |
TERMINI MASSIMI |
3. l’applicazione dei termini di durata massima del procedimento è limitata alle procedure semplificate 4. il superamento dei termini non ha conseguenze sulla procedura di gara |
Possiamo pertanto affermare con sempre maggiore sicurezza che il regime derogatorio non impedisca il ricorso al regime ordinario in tutte quelle occasioni in cui la stazione appaltante valuti utile ed opportuno optare per soluzioni maggiormente aperte alla concorrenza.
Dott. Giulio Delfino
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