Spesso nell’ambito di una procedura di gara la stazione appaltante, prima della scadenza dei termini per la consegna delle offerte, pubblica dei chiarimenti in risposta a quesiti dei concorrenti ma anche motu proprio.
Ma quali limiti hanno i chiarimenti pubblicati della stazione appaltante?
Sul punto è recentemente intervenuto il TAR Bari con sentenza n. 1348 del 10 ottobre 2021, affermando che i chiarimenti devono mantenersi entro un ben definito spazio logico e argomentativo, senza incidere sulla legge di gara.
La giurisprudenza ha sempre ritenuto che la funzione dei chiarimenti sia quella di dare un’interpretazione autentica del testo della documentazione di gara al fine di renderne chiaro e comprensibile il significato e/o la ratio quando vi siano dubbi in tal senso (Consiglio di Stato, sentenza n. 4441 del 23 settembre 2015).
Ciò che invece è precluso ai chiarimenti della stazione appaltante è una modifica della volontà da parte dell’Amministrazione rispetto a quanto bandito ovvero, proprio mediante l’attività interpretativa, giungere ad attribuire ad una disposizione del bando un significato ed una portata diversa e maggiore di quella che risulta dal testo stesso (Consiglio di Stato, sentenza n. 4441 del 23 settembre 2015; Consiglio di Stato, sez. III, 7 febbraio 2018, n. 78).
Nella medesima direzione la recente sentenza del TAR Bari di odierno commento nella quale si può leggere: “Nella dinamica di una gara di appalto, la richiesta di chiarimenti da parte dei concorrenti alla gara è perfettamente lecita; così come lecita e, anzi, legittima è la conseguente attività di interlocuzione con la quale la stazione appaltante rende il chiarimento richiesto. Ciò avviene specialmente nella materia dei requisiti di partecipazione, per la possibilità di letture alternative da parte dei concorrenti di una gara, ai quali spetta senz’altro, in caso di dubbi o perplessità sulla volontà della stazione appaltante, una parola inequivoca della medesima. Il chiarimento deve però mantenersi entro un ben definito spazio logico e argomentativo, senza incidere sulla legge di gara. La gara di appalto è infatti disciplinata essenzialmente dal bando – nel nostro caso, lettera di invito-, che ne detta le regole e che, pertanto, contiene il decalogo cui ogni concorrente deve attenersi per potervi partecipare in condizioni di parità con altri operatori economici. In virtù della superiore esigenza, il chiarimento reso dalla stazione appaltante può spingersi fino al limite della interpretazione autentica di una clausola del bando di gara, allo scopo di rendere noto inequivocabilmente il modo di intendere la sussistenza di un requisito partecipativo previsto a pena di esclusione. Quando, invece, il chiarimento incide sull’essenza stessa di un requisito di partecipazione alla gara esso dà vita ad una modifica non consentita delle regole del gioco, trattandosi di attività che si pone in contrasto con la par condicio”.
In concreto i Giudici baresi ribadiscono che i chiarimenti hanno la funzione di chiarire le possibili ambiguità o situazioni di incertezza rispetto ad alcune clausole della documentazione d’appalto, ma che non possono modificare in alcun modo la legge di gara.
Quindi i chiarimenti resi dalla stazione appaltante non possono in nessun caso integrare la lex specialis (Consiglio di Stato, sez. V, 23.09.2015 n. 4441).
Pertanto i chiarimenti resi dalla stazione appaltante non hanno la valenza giuridica di modificare la documentazione di gara, nemmeno in minima parte. Nel caso in cui la stazione appaltante ravvisi la necessità di modificare la documentazione di gara dovrà annullare la gara in autotutela e ribandirla con la documentazione corretta.
Dott. Giulio Delfino
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