Il rapporto fra Codice dei Contratti Pubblici e Codice del Terzo Settore è stato spesso oggetto di discussione negli ultimi anni. In particolare si è dibattuto sull’utilizzo di istituti quali la co-progettazione (art. 55 CTS) e le convenzioni (art. 56 CTS), con i quali l’Amministrazione può coinvolgere i soggetti del privato sociale nella gestione di servizi – solitamente servizi sociali.
Ciò ha creato dubbi sull’utilizzo per tali fattispecie del solo Codice del Terzo Settore ovvero ricorrendo a procedure ai sensi del Codice dei Contratti Pubblici e delle direttive dell’Unione europea da questo recepite.
Il Consiglio di Stato, Sezione V, con la sentenza n. 6232 del 07 settembre 2021, è tornato a ribadire che l’affidamento dei servizi sociali deve rispettare la normativa pro-concorrenziale di origine europea, tranne che per i casi in cui l’ente affidatario svolga il servizio a titolo interamente gratuito.
A fronte di un approccio rigido tenuto dal Consiglio di Stato sulla possibilità per il Codice del Terzo Settore di prevalere sul Codice dei Contratti Pubblici, “bypassando” la necessità di svolgere una procedura di gara, recentemente si erano registrate posizioni differenti.
Infatti la Corte costituzionale con la sentenza n. 131/2020, alcune norme inserite nel Decreto Semplificazioni del 2020 e infine le linee-guida in materia di relazioni con il Terzo Settore adottate con il DM 72/2021 avevano assunto sul tema una posizione più morbida. Ciò sulla scorta di una valorizzazione dell’attitudine degli Enti del Terzo Settore a partecipare insieme ai soggetti pubblici alla realizzazione dell’interesse generale, arrivando a parlare dell’instaurazione di “un canale di amministrazione condivisa, alternativo a quello del profitto e del mercato” e di un modello che “non si basa sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, ma sulla convergenza di obiettivi”.
Invece lo scorso 7 settembre il Consiglio di Stato è tornato all’approccio originario, muovendo dalle considerazioni svolte nel parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato il 26 luglio 2018 sui rapporti tra le direttive U.E. del 2014 in materia di appalti pubblici, il Codice dei Contratti Pubblici di cui al D.Lgs. n. 50 del 2016 e il D.Lgs. n. 117 del 2017 nella parte in cui disciplina l’affidamento di servizi sociali a soggetti o enti del c.d. Terzo Settore.
Il Consiglio di Stato ricorda infatti che “l’affidamento dei servizi sociali, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, deve rispettare la normativa pro-concorrenziale di origine europea, in quanto rappresenta una modalità di affidamento di un servizio (in termini euro-unitari, un “appalto”) che rientra nel perimetro applicativo dell’attuale diritto euro-unitario. In determinate ipotesi la procedura di affidamento di servizi sociali disciplinata dal diritto interno non è soggetta alla regolazione di origine euro-unitaria. Ciò accade allorché la procedura disciplinata dal diritto interno miri sì all’affidamento ad un ente di diritto privato di un servizio sociale che, tuttavia, l’ente affidatario svolgerà a titolo integralmente gratuito. Il che si giustifica essenzialmente per il fatto che il diritto europeo degli appalti si interessa dei soli affidamenti onerosi”.
I giudici di Palazzo Spada passano poi alla definizione giuridica del concetto di gratuità, ossia di uno degli elementi costitutivi della possibilità di utilizzare le procedure di affidamento disciplinate dal Codice del Terzo Settore e di sottrarsi, quindi, all’applicazione del Codice dei Contratti Pubblici.
Per il Consiglio di Stato “il concetto di gratuità si identifica nel conseguimento di un aumento patrimoniale da parte della collettività, cui corrisponde una sola la mera diminuzione patrimoniale di altro soggetto, ossia il prestatore del servizio. Sotto questo profilo, si precisa, l’effettiva gratuità si risolve contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore. Il che significa che deve escludersi qualsiasi forma di remunerazione, anche indiretta, dei fattori produttivi (lavoro, capitale), potendo ammettersi unicamente il rimborso delle spese (le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente)”.
Pertanto alla luce di questa nuova recente sentenza del Consiglio di Stato si può ribadire che è possibile affidare un servizio sociale senza svolgere una procedura di gara soltanto quando l’ente affidatario svolgerà il servizio a titolo integralmente gratuito, escludendo qualsiasi forma di remunerazione anche indiretta, eccezion fatta unicamente per il rimborso delle spese vive.
Dott. Giulio Delfino
PER ULTERIORI CHIARIMENTI IN MERITO ALL’ARGOMENTO DELL’ARTICOLO È POSSIBILE SCRIVERE ALL’INDIRIZZO [email protected]