Come noto il soccorso istruttorio non può agire in riferimento all’offerta economica, ma per i casi di semplici errori materiali ravvisabili ictu oculi dalla stazione appaltante è possibile ovviare con un soccorso procedimentale.
Ma qual è il limite tra errore sanabile ed errore che comporta l’esclusione dell’offerta?
Il Consiglio di Stato, Sezione V, con sentenza n. 8008 del 15 settembre 2022 ha affrontato proprio uno di questi casi, dando indicazioni utili per meglio comprendere tale discrimine.
IL CASO IN ESAME
Un RTI ha ricevuto il provvedimento di esclusione adottato dalla stazione appaltante per l’indeterminatezza dell’offerta economica presentata in quanto il canone complessivo triennale offerto non risultava corrispondere alla sommatoria delle voci di costo/canone elencate nell’offerta dalla medesima concorrente e complessivamente non era coerente con la base d’asta.
TAR PIEMONTE
Il raggruppamento ha fatto ricorso al TAR Piemonte sostenendo che il prezzo, apparentemente indicato nell’offerta come canone complessivo triennale, era frutto di un mero errore materiale e doveva essere considerato come canone annuale, da moltiplicare quindi per i tre anni relativi alla durata complessiva del contratto in gara. Il TAR ha respinto il ricorso sull’essenziale considerazione che dall’esame dell’offerta economica non era possibile rilevare l’errore, anche perché non poteva essere qualificato come un semplice errore di calcolo, visto che la cifra indicata nemmeno corrispondeva alla somma delle diverse voci che compongono il canone annuale.
LE MOTIVAZIONI DELLA RICORRENTE
L’RTI ha impugnato la sentenza di primo grado insistendo sull’evidente emendabilità dell’errore materiale commesso dalla concorrente nella formulazione dell’offerta economica. A sostegno della propria posizione viene evidenziato come la giurisprudenza del Consiglio di Stato abbia ammesso l’emendatio dell’errore materiale contenuto nell’offerta anche a seguito di chiarimenti resi dal concorrente mediante l’istituto del soccorso procedimentale, finalizzati a consentire l’interpretazione delle offerte e ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara (Cons. Stato, Sez. V, 27 gennaio 2020, n. 680).
L’RTI sostiene che alla determinazione del canone offerto si sarebbe potuto giungere anche per la presenza di plurimi elementi traibili dalla documentazione di gara, considerato che anche i costi relativi a manodopera e sicurezza da loro indicati in offerta erano su base annuale. Sulla base di questi elementi la stazione appaltante avrebbe potuto agevolmente ricostruire il prezzo complessivo offerto come canone annuale anziché triennale.
Per l’RTI la diversa decisione presa dalla stazione appaltante e poi anche dal primo giudice si porrebbe in contrasto con i principi di proporzionalità, legittimo affidamento, favor partecipationis e par condicio, come interpretati ed applicati dalla giurisprudenza, nonché con le norme del codice civile di interpretazione dei contratti e degli atti unilaterali, che impongono di prediligere l’interpretazione salvifica dell’offerta.
CONSIGLIO DI STATO SUI FATTI
Il Consiglio di Stato rileva subito che: “in conformità alla lex specialis di gara, nel modello era specificato che la valutazione dell’offerta economica sarebbe stata effettuata sulla base del prezzo complessivo triennale indicato dagli offerenti, il quale – come ugualmente precisato nel modulo predisposto dalla stazione appaltante – era la risultante della sommatoria di una serie di voci di costo e di canoni proposti per lo svolgimento delle tre principali servizi oggetto dell’appalto”.
I Giudici ravvisano poi che l’RTI ricorrente nella propria offerta economica, nella riga del modulo dedicata al prezzo complessivo triennale offerto, indicava invece l’importo annuale. Inoltre l’importo offerto non corrisponde alla sommatoria delle tre voci di costo e di canone specificate nell’offerta economica, apparendo peraltro anche manifestamente incongruo rispetto all’importo posto a base di gara. Non sono infine emersi dall’esame del modulo ulteriori elementi dai quali si potesse evincere che l’indicazione del prezzo complessivo fosse stata l’esito di un palese errore materiale in cui sarebbe incorso il raggruppamento offerente.
CONSIGLIO DI STATO IN PUNTO DI DIRITTO
Da un punto di vista più di diritto, da cui è possibile trarre importanti indicazioni da utilizzare anche per altri casi simili, il Consiglio di Stato nella sua sentenza ci dice che:” L’errore materiale rilevante si caratterizza, infatti, per la sua percepibilità (o riconoscibilità) da parte dell’interprete dell’atto di cui si postula che sia affetto dal vizio negoziale, dovendo sussistere elementi univoci per ricondurlo ad un vizio di trascrizione o di compilazione inequivocabilmente e immediatamente rilevabile come tale, attraverso un’analisi che deve concernere il solo documento recante l’errore e non anche elementi ad esso esterni o collaterali. Se, viceversa, l’esegesi ricostruttiva della volontà negoziale si estende ad una considerazione sistematica degli elementi contenutistici dei diversi atti di gara, essa trascende in una ricostruzione di tipo logico – deduttivo che non pare più coerente con i canoni della immediata evidenza e del mero errore materiale emendabile. Sotto questo essenziale profilo, pertanto, non possono essere condivise le considerazioni svolte da parte appellante circa la possibilità della commissione di gara o della stazione appaltante di rilevare agevolmente l’errore se solo si fossero esaminati «i plurimi elementi traibili dalla documentazione di gara che permettevano di ricostruire il prezzo complessivo offerto come canone annuale anziché triennale». L’operazione suggerita dalle appellanti si pone nettamente in contrasto con i principi sopra enunciati, cui occorre invece dare continuità per evidenti ragioni di tutela della parità di trattamento tra i concorrenti”.
Ed ancora i Giudici affermano che: “la necessaria riconoscibilità dell’errore secondo i noti principi civilistici in materia negoziale (art. 1427-1433 cod. civ.), sia il limite secondo cui deve trattarsi di errori rilevabili (e quindi emendabili) senza dovere effettuare complesse indagini e tantomeno utilizzare fonti esterne all’atto (come sarebbe, nel caso di specie, il ricorso ai «plurimi elementi traibili dalla documentazione di gara»)”.
CONCLUSIONI
Pertanto il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso e confermato l’esclusione dell’RTI come deciso dalla stazione appaltante e confermato dal TAR PIEMONTE.
In concreto sono sanabili solo quegli errori materiali dell’offerta economica che siano immediatamente riconoscibili, dovendo sussistere elementi univoci per ricondurli a vizi di trascrizione o di compilazione inequivocabilmente e immediatamente rilevabili come tali, attraverso un’analisi che deve riguardare il solo documento recante l’errore e non anche facendo ricorso a fonti esterne al documento stesso.
Dott. Giulio Delfino
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