Il frazionamento artificioso degli affidamenti pubblici al fine di non dover ricorrere ad una procedura di gara in favore di un più agevole affidamento diretto, anche se illegittimo, rappresenta una delle problematiche applicative più frequenti. In concreto tale prassi si sostanzia nella suddivisione di un contratto pubblico, di importo superiore a quelli previsti per gli affidamenti diretti, in due o più contratti di importo inferiore.
Anche il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 36/2023), in continuità col previgente, all’articolo 14 comma 6 prevede che: “Un appalto non può essere frazionato per evitare l’applicazione delle norme del codice, tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino”.
Tale divieto di frazionamento artificioso è stato recentemente ribadito dal Consiglio di Stato, Sezione Quinta, con sentenza n. 4792/2023.
IL CASO IN ESAME
Nel caso in analisi con Delibera della Giunta comunale, in funzione di atto di indirizzo all’ufficio finanziario, tenuto conto della grave situazione finanziaria dell’Ente conseguente soprattutto alla mancata riscossione dei tributi, si invitava ad individuare entro l’importo massimo previsto per l’affidamento dei servizi per euro 139 mila un solo operatore economico tra i cui compiti dovevano rientrare sia la riscossione ordinaria sia la riscossione coattiva.
Successivamente però la stazione appaltante affidava con due distinti affidamenti diretti, i cui importi sommati superavano abbondantemente il limite di 139 mila euro, a due diverse imprese il servizio di supporto alla gestione dei tributi per la sola riscossione ordinaria o volontaria e il servizio di supporto alla riscossione coattiva.
LA POSIZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO
I giudici di Palazzo Spada in primo luogo evidenziano come l’atto di indirizzo della delibera di giunta comunale prevedesse espressamente che sia la riscossione ordinaria sia la riscossione coattiva avrebbero dovuto essere condensate in un unico soggetto. Del resto, quel tipo di servizio era stato sino ad allora affidato ad un unico soggetto, il quale era chiamato ad occuparsi di gestione dei tributi e di relativa riscossione (ordinaria e coattiva).
Diversamente invece si rileva che tale indirizzo sia stato poi diversamente declinato, senza alcuna motivazione al riguardo, in due distinti servizi: supporto alla gestione dei tributi e supporto alla riscossione coattiva.
Pertanto secondo il Consiglio di Stato: “Dunque il frazionamento v’è obiettivamente stato, anche soltanto sulla base di una mera osservazione empirica dei fatti amministrativi sequenzialmente e temporalmente rilevabili, trovando a questo punto applicazione l’art. 35, comma 6, del decreto legislativo n. 50 del 2016, il quale dispone che «un appalto non può essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione delle orme del presente codice tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino»: in altre parole, il frazionamento costituisce soluzione in ipotesi percorribile ma a condizione di rendere una adeguata motivazione giustificatrice del frazionamento stesso”.
E ancora i giudici ravvisano che nella fattispecie in esame le determinazioni a contrarre dei due affidamenti diretti non contengono alcuna esternazione delle ragioni idonee a giustificare il frazionamento dell’appalto su base oggettiva e temporale, limitandosi a rappresentare la necessità di garantire la mera continuità e velocità del servizio. Motivazioni, queste, che si rivelano comunque insufficienti a suffragare la scelta di scindere in due segmenti di attività il ridetto servizio di gestione dei tributi comunali.
Peraltro secondo il Consiglio di Stato tra i due servizi affidati vi è una sovrapposizione, o meglio una certa relazione di continenza, che li rende pertanto riconducibili sostanzialmente ad un servizio unico. Infatti appare tutt’altro che dimostrabile che una simile distinzione possa dare luogo a maggiore efficienza, atteso che la gestione della riscossione coattiva necessita giocoforza delle fasi ad essa preliminari (accertamento, riscossione volontaria).
In conclusione i giudici hanno dichiarato illegittimi i due affidamenti diretti poiché: “Ad ogni modo resta il fatto che l’inequivoco indirizzo politico iniziale (riscossione ordinaria e coattiva affidata un unico soggetto) è stato poi di fatto platealmente disatteso dai competenti uffici – e con evidente contraddittorietà dell’azione amministrativa, peraltro – i quali hanno provveduto ad affidare due diverse commesse, a trattativa privata, senza tuttavia indicare le ragioni di tale diversa scelta (due soggetti invece che uno, ossia frazionamento dell’appalto)”.
CONCLUSIONI
Sia il nuovo Codice dei Contratti Pubblici che il Consiglio di Stato evidenziano il divieto di frazionamenti artificiosi degli appalti allo scopo di utilizzare lo strumento dell’affidamento diretto al posto di quelli maggiormente concorrenziali previsti dalla normativa interna e comunitaria. Tali condotte determinano ovviamente la responsabilità del RUP.
Dott. Giulio Delfino
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